Riflessioni

LA NATURA
Tutti noi, quando ci annulliamo in  un tramonto che sembra dipinto o in  un mare in burrasca che ruggisce la sua forza; quando contempliamo la nostra immagine in uno di quei laghi alpini che riflettono nelle loro acque di giada e di cristallo la natura circostante, sicchè ci pare di  trovarci in uno spazio infinito; quando sperimentiamo, non senza timore eppure ammirandola, la potenza di un violento temporale, dinanzi alla quale percepiamo la nostra piccolezza, ma, al tempo stesso, la coscienza della nostra grandezza e superiorità morale; non possiamo non stupirci -sempre e comunque- della sublimità della Natura.

Photo by Paola Mocella - Santa Maria di Castellabate


Una vasta solitudine silenziosa, una notte stellata, uno scenario di impervie montagne , burroni e precipizi, in cui torrenti selvaggi si precipitano in cascate spumeggianti, un paesaggio di prati fioriti, di valli rigate da ruscelli serpeggianti sono tutti spettacoli che la Natura ci offre in modo da innalzare la nostra anima al divino e da renderci certi di essere parte di un grandioso e insondabile progetto. Noi siamo parte della Natura ed essa è parte di noi e,così, qualunque cosa capiti alla Natura capita anche a ciascuno di noi. Diamo alla Natura l’appellativo di “madre” e, poi, la consideriamo alla stregua di un oggetto da acquistare, prendere, vendere.  Siamo tutti suoi figli, ma, poi, ignoriamo e recidiamo i legami che uniscono i membri di una stessa famiglia. E in ciò l’ uomo occidentale ha avuto ed ha una gravissima ed imperdonabile colpa: nessuno come l’ uomo bianco è stato così bravo nell’ offendere, violentare, distruggere la Natura, decretando la fine della vita e l’ inizio della sopravvivenza.

Castellabate - Photo by Paola Mocella



LA CITTA'
Il centro della vita romana è costituito dall' urbs, la città, di cui Roma è il modello supremo. Prima di fondare una nuova città, i Romani votavano una lex agraria o lex coloniae che stabiliva l' ubicazione della nuova città, l' estensione dei terreni da assegnare, il numero dei coloni. Infatti, i Romani dividevano il suolo in centurie, cioè in appezzamenti quadrati con lati lunghi 710 metri e una superficie di 200 iugeri, pari a 50 ettari.Tale operazione era detta centuriazione perchè le centurie erano divise tra cento coloni, a ciascuno dei quali venivano assegnati due iugeri. Il modulo quadrato della centuria risultava dall' incrocio di linee rette parallele equidistanti e allineate rispetto a due assi portanti: il decumano massimo, disposto da est a ovest, e il cardo massimo, disposto da nord a sud e perpendicolare al primo. La fondazione di una città si svolgeva secondo rituali che ricalcavano quelli tramandati per la fondazione di Roma: l' osservazione del volo degli uccelli (auspicium), il rito del solco di fondazione, tracciato dalla coppia di buoi aggiogati e guidati dal fondatore (conditor), la definizione del pomerium, il perimetro urbano della città, considerato sacro e, quindi, non valicabile con l' esercito in armi.
Il primo connotato urbanistico della città romana è la cinta muraria, lungo la quale si aprivano le porte, a due o tre piani, a seconda dell' importanza della città. All' incrocio di cardo e decumano si apriva il forum, dove si riuniva il popolo, si amministrava la giustizia e si teneva il mercato. Attorno al forum gravitavano tutti gli edifici dell' amministrazione civica e il centro della religiosità, rappresenato, generalmente, dal tempio dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva). Sulle vie principali si disponevano gli edifici di svago, quelli per gli spettacoli (arena, anfiteatro, teatro), i complessi termali, gli edifici di pubblica utilità ( i mercati e i portici).



3 commenti:

  1. condivido tutto ciò che dici : l'uomo non riesce ad apprezzare la Natura e questa si sta già ribellando

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  2. anch'io condivido le riflessioni sulla natura e sul rapporto malato che l'uomo ha con essa

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  3. Forse molto dipende dalla nostra incapacità, non tanto a provare, quanto a trasmettere, condividere e raccontare le nostre emozioni. Commuoversi, davanti a certi spettacoli che la Natura offre, credo sia un'esperienza a cui nessuno, per quanto ingabbiato dalla grigia concretezza quotidiana, possa sottrarsi. Ma il passo successivo, quello che inconsciamente ci spaventa perchè sembra esporre al giudizio degli altri le nostre umane debolezze, lo sforzo ulteriore dovrebbe portare a rendere meno silenziose ed intime le nostre emozioni. Solo in questo modo la Natura e la sua bellezza diventerebbe parte delle nostre vite e quindi, almeno solo per autoconservazione, non potremmo calpestarla. Il sognatore di Nasten'ka

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