venerdì 28 settembre 2012

Cap. I o Della Fonologia - L' accento                       

 Allora, avete gradito gli esercizi sulla divisione in sillabe? Forse, anche in questo caso, vi siete chiesti a cosa possa servire saper dividere in sillabe, soprattutto nell’era della rivoluzione digitale, che affida alle macchine (intelligenti quanto si vuole, ma pur sempre macchine) taluni saperi e competenze che un tempo erano solo umani. La risposta o, meglio, le risposte sono semplici:
1) non si può costruire una casa se non dalle fondamenta;  
2) per impossessarsi dell’ arte di scrivere e parlare correttamente è necessario conoscerne tutti gli elementi costitutivi;
 3) essere capaci di fare ciò che, ormai, quasi nessuno è in grado di fare (non sarebbe già questa, da sola, una motivazione sufficiente?).
Alla divisione in sillabe è strettamente collegata quella parte della fonologia che riguarda l’accento. Infatti, l’accento è il rafforzamento nella pronuncia di una sillaba rispetto alle altre della stessa parola. La sillaba su cui cade l’accento è detta tonica, le altre sono dette atone. Così, in base alla sillaba su cui cade l’accento tonico, le parole si dividono in:
·  tronche, se l’accento cade sull’ultima sillaba ( Es: pe-rò)
·  piane, se l’accento cade sulla penultima sillaba (Es: cal-zì-no)
·  sdrucciole, se l’accento cade sulla terzultima sillaba (Es: cì-ne-ma)
·  bisdrucciole, se l’accento cade sulla quartultima sillaba ( Es: pòr-ta-me-lo)
Fatta eccezione per le parole tronche, in presenza delle quali l’accento deve essere obbligatoriamente scritto ( in questo caso, allora, l’accento tonico diventa anche grafico, cioè scritto), negli altri casi, l’accentazione grafica non è prevista o è facoltativa. Proprio perché l’accento grafico viene riportato solo per le parole tronche, talora è possibile, dinanzi a parole un tantino “ birichine”, commettere errori di pronuncia. Infatti, a chi non è capitato di porsi l’amletico dubbio ("l’accento cadrà su questa sillaba o su quest’altra?") al temuto cospetto di parole quali amaca, edile, infido, leccornia, mollica, pudico, rubrica, salubre; o, ancora, fortuito, gladiolo,  gratuito?
Bene, sono qui apposta per insegnarvi un facilissimo trucchetto  che dissiperà tutte le vostre “ansie da pronuncia”: poiché, in italiano, la maggior parte delle parole è data da parole piane, l’accento, quasi sempre cadrà sulla penultima sillaba (vedete come torna utile saper dividere in sillabe? Si evita di fare la figura degli ignoranti). Così, si dirà:  leccornìa, mollìca, pudìco, ecc. Se, poi, la penultima sillaba è costituita da un dittongo, in genere, l’accento cadrà sulla prima vocale. Così, si dirà: gladìolo, fortùito, gratùito, ecc.
Naturalmente, ricordate sempre che l’italiano è una lingua complessa e, dunque, ricca di eccezioni. Pertanto, in caso di dubbio,  è sempre meglio consultare il dizionario.
Poiché  -da quanto detto-  l’accento può cadere solo sulle vocali, va da sé che sulle parole costituite da una sola vocale l’accento dovrà necessariamente cadere su quell’unica vocale. Pertanto, l’accento sarà sempre e solo tonico, mai grafico. Così, si scriverà: blu e non blù, so e non sò, tre e non trè, ecc.
Eppure, anche in questo caso, si registrano le immancabili eccezioni. Infatti,  l’accento grafico è obbligatorio su:
- i composti di tre, re, blu, su: ventitré, vicerè, rossoblù, quassù;
- i monosillabi tronchi contenenti un dittongo (più, può);
- alcuni monosillabi per distinguerli da altri identici per forma, ma diversi per significato. Eccone alcuni esempi:
che (pron.relativo; congiunzione)  ma  ché (abbreviazione di perché)
da  (prep. semplice)                     ma     (verbo dare)
di   (prep. semplice)                    ma      (giorno)
   (congiunzione)                      ma    è    (verbo essere)
la   (art.determinat.; pron.pers.)   ma      (avverbio di luogo)
li    (pron.  personale)                 ma       (avverbio di luogo)
ne  (particella pronominale)        ma    né  (negazione)
se   (congiunzione)                     ma      (pron. personale)
si   (pron.personale)                   ma       (affermazione)
te   (pron. personale)                  ma       (bevanda)

PERICOLO  Il pronome personale perde l’accento quando è seguito da stesso: questo perché l’accento non è più necessario per distinguere il pronome dal se congiunzione. Tuttavia, i grammatici suggeriscono di conservare l’accento nelle forme plurali perché se stessi e se stesse potrebbero essere confusi con se (io) stessi e se (egli) stesse.
Su  fa  (verbo fare) e re (sovrano) non va l’accento, perché le note musicali fa e re non sono considerate parole nel senso proprio del termine.
Su qui e qua l’accento non va.


Photo by Paola Mocella - Interlaken, Svizzera

Ed,ora,vi propongo questa poesia di una brava, delicata e sensibile poetessa irpina. Leggetela avvolti dalla tenue luce del crepuscolo, assaporatela con i sensi dell’animo e…poi, ritornate alla realtà e svolgete l’esercizio.

SE NON ANDRAI
Se tu non andrai
nei boschi profumati di muschio
e abbagliati dal verde
i boschi e le montagne
torneranno da te.
Sempre ritornano i boschi negli occhi
verde riemerge dal cuore.
Sempre ritorna l’anima
alla sua dimora.
                                 Vera Mocella (da “Tra pietre troppo dure” – Maremmi Editore 2012)
E, adesso, a noi: attribuite al gruppo esatto le seguenti parole: boschi,  profumati, abbagliati, ritornano, anima.
·  sono parole piane:
·  sono parole sdrucciole:
Nella poesia, non vi sono parole tronche o bisdrucciole. Trovane due per ciascun gruppo, che, naturalmente, abbiano a che fare con la natura.
Anche per oggi abbiamo finito. Vi aspetto la settimana prossima per continuare la nostra chiacchierata sulla fonologia: sarà la volta dell’elisione e del troncamento.
Vi ricordo di svolgere gli esercizi nello spazio riservato ai commenti e di consolidare le conoscenze con gli esercizi di recupero e potenziamento. Vi ricordo, anche, che le soluzioni della lezione sull’accento saranno pubblicate la prossima settimana.


                    
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